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Ovvero: tutt'altro rispetto a quello che mi aspettavo.
Quando ho sentito parlare di una sceneggiatura basata sugli avvenimenti dell'11 settembre, ho avuto sensazioni sgradevoli, mi sembrava fuori luogo incentrare un film su una tragedia di questa portata. Mi aspettavo (e temevo) un blockbuster hollywoodiano, un film d'azione e magari anche intriso di retorica.
Invece ho appena visto "United 93", e sono rimasta senza parole.
Nel film si ricostruisce quanto accaduto al quarto aereo dirottato, quello che probabilmente era diretto alla Casa Bianca e che non ha raggiunto l'obiettivo. La ricostruzione è basata sulle telefonate intercorse tra i passeggeri e i loro familiari e le comunicazioni e i dati raccolti dalle torri di controllo durante la tragedia. Al di là delle connotazioni politiche e sociali che si attribuiscono agli attentati di quel giorno, il grande merito del regista (Paul Greengrass) è di aver raccontato una storia così terribile da un punto di vista che è quanto di più umano si possa immaginare. Da un lato la disperazione ma anche la mutua solidarietà e la forza dei protagonisti che trovano il coraggio di agire e impedire il peggio, a costo delle loro vite. Dall'altro lato gli attentatori, le cui emozioni trapelano comunque: i loro occhi non parlano solo di determinazione ma anche di incertezze e paura, la stessa paura delle loro vittime.
E' un film che fa male, come un pugno nello stomaco. Colpisce, e aumenta la drammaticità della pellicola, la pressochè totale mancanza di effetti speciali. Le vicende di quel giorno vengono raccontate dagli schermi televisivi delle case dei familiari delle vittime, che si ritrovano da un lato a sapere quello che sta succedendo dalla televisione, e dall'altro ad avere un resoconto in diretta del quarto dirottamento dalle voci dei loro cari che riescono a contattarli telefonicamente.
Un film da vedere, e che darà da pensare. Mettendo in conto una buona dose di ansia.
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