martedì 5 luglio 2011

Ma allora siamo tutti tamarri?

Ieri ho visto la (credo) quarta puntata di Tamarreide, il nuovo reality Mediaset. Sarebbe molto facile catalogarlo come inguardabile, vale invece la pena analizzarlo meglio. A mio modesto parere si tratta di un'occasione sprecata.
La formula è semplice. Otto ragazzi diversi come background sociale e culturale vengono fatti salire su un pullmann. Inizia un viaggio che prevede delle tappe in diverse città italiane, in ogni tappa i ragazzi dovranno vivere delle situazioni che saranno in netto contrasto oppure perfettamente in linea con il loro comportamento abituale, in modo da esasperarne gli atteggiamenti e le reazioni.
Le personalità selezionate dagli autori devono rappresentare tipologie umane diverse, scelte appositamente per creare dinamiche di gruppo che, nel corso del programma, vengono analizzate da psicologi e sociologi. Il filo conduttore del programma, e quello che dovrebbe accomunare i protagonisti, è l'essere tamarri. Che significato dare a questa parola, è probabilmente uno degli obiettivi del programma, visto che nemmeno i ragazzi del pullmann sanno mettersi d'accordo su chi o cosa sia veramente tamarro.
Tamarro, secondo il dizionario online del Corriere della Sera, significa "giovane provinciale o di periferia che si sforza di adeguarsi ai modi di vita cittadini, ma in maniera eccessiva, volgare". Il termine deriva dall'arabo Tammar, ovvero venditore di datteri (frutti della vite selvatica). Fa riferimento quindi a una persona che passa le sue giornate in campagna e si reca saltuariamente in città per vendere la sua merce.
Il termine sembra però aver assunto un significato più ampio, indicando ora un giovane non troppo colto, eccessivo nel modo di proporsi e generalmente scomposto.
Questa definizione è molto elastica, e può comprendere sia il contadino al suo primo viaggio in città, sia la giovincella metropolitana che si ribella alla buona famiglia d'origine.
Tornando al programma, potremmo definirlo un reality on-the-road, la maggior parte delle scene si svolge all'interno del pullmann dove vivono i ragazzi, e in giro per le città che visitano.
Gli esterni, quelli in cui l'intervento autoriale è meno presente, sono i momenti migliori. I tamarri che scorrazzano nelle città facendo commenti sugli attributi sessuali delle statue ci fanno sorridere, perchè rappresentano un aspetto di tutti noi, che spesso per pudore teniamo nascosto.
Purtroppo il programma è rovinato da scenette e siparietti che sembrano eccessivi e forzati, in cui la spontaneità si perde in favore di improbabili intrecci sentimentali o di situazioni poco credibili.
Peccato perchè altrimenti "Tamarreide" sarebbe stato un vero docu-reality non privo di pregi e di spunti d'interesse.

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